mercoledì 31 agosto 2016

Bogotà in bicicletta

Tour in bicicletta nella Candelaria




Un modo molto carino di visitare il centro della città  è in bicicletta. Ci sono varie offerte tra quelle presenti abbiamo scelto Bogotà bike tours.  




Si parte dalla sede dell’associazione, nella Candelaria, il centro storico della città, dove  consegnano una bicicletta, adatta alla propria altezza, e un casco. Il primo posto che si visita è el Parque del Periodista. Il gruppo è formato da una decina di persone e la guida solitamente è un ragazzo giovane, bogotano, che parla molto bene anche inglese Il suo compito è guidare i visitatori per il centro per fare assaporare appieno la città. Con lui c’è un aiutante tuttofare che non solo controlla il gruppo per evitare che qualcuno possa perdersi ma fa anche da meccanico delle biciclette.
Non è faticoso e, secondo me, alla portata di tutti, basta sapere andare in bicicletta, seguire le istruzioni e avere cento occhi quando si attraversa la strada. 

Tutto il centro è in forte espansione lo si nota anche dai nuovi palazzi in costruzione. Il traffico è sempre quello solito di Bogotà.

Una prima tappa è la visita ad uno dei mercati coperti, il mercato Palo Quemao. Appena entrati colpisce il colore brillante della frutta e verdura che si trovano sui banchi ed il profumo del caldo di costilla cucinato nelle bancarelle vicine.



El caldo di costilla è un brodo di carne con costine di manzo normalmente preparato per la colazione, non è un errore, viene servito a colazione, ed è uno dei piatti tipici colombiani. Questo non lo abbiamo assaggiato.



I prodotti esposti sono tutti locali, coltivati nelle campagne vicine. La signora dietro al banco la divide in parti uguali , pone i pezzi colorati sul piatto e con orgoglio ti invita all'assaggio. Alcuni sono veramente particolari, di cui, ahimè, ora non ricordo il nome; si passa da frutti carnosi e dolci a quelli con sapori forti e aspri.
Mi sto ancora documentando sui piatti tipici e i prodotti della terra colombiani però mi piacerebbe scrivere di più in merito perché la ricchezza del paese passa anche dal cibo.
Altre bancarelle propongono spezie e erbe di tutti i tipi anche le più miracolose come il yacon che cura qualunque cosa o il mix di erbe “amansa guapos”, letteralmente addomestica ragazzi.




Dopo la visita al mercato si indossa nuovamente il casco e si inforca la bicicletta per passare tra i quartieri popolari dove risaltano i meravigliosi graffiti. Sono vere e proprie opere d’arte e raccontano storie di quotidianità, le storie della gente della strada e la storia del paese, segnata purtroppo dalla violenza.



I colori sono forti e vivi, i disegni sono ben marcati e le immagini potenti: ti fermi, li guardi e man mano che li osservi ti stupisci di quanto anche una sola immagine possa essere forte e di quanto possa raccontare.
Ogni graffito è unico e riesce a trasmetterti molte emozioni, uno ti può far  ridere, uno ti incanta, un altro ti spaventa o  ti sconcerta. Ciascuno di essi racconta, attraverso oggetti o cose comuni,  la violenza, il disagio ma anche la voglia di riscattarsi, la voglia di un futuro migliore: sono come un grido di rivolta.  E’ l’espressione attraverso l’arte delle persone che vivono la strada e che hanno voglia di far sentire la propria voce per rompere il silenzio che ha caratterizzato il passato.
Raccontano il passato come necessità di ricordarlo per essere più coscienti del presente e per costruire un futuro.



Essere un graffitaro ha sempre comportato rischi : dispute territoriali o l’arresto. I graffiti a Bogotà oggi sono tollerati e accettati come forma d’arte, ma non è stato sempre così. Infatti nel 2011 un ragazzo giovanissimo, Diego Felipe Becerra conosciuto con il nome di Felix the Cat, una notte di agosto, mentre dipingeva una delle pareti di un sottopassaggio, fu fermato e ucciso dalla polizia. Il caso fece talmente tanto scalpore che artisti e gente comune si radunarono in segno di protesta. Il clamore fu tale che obbligò la municipalità dell’epoca a legalizzare i graffiti e la street art. Il caso, della morte del ragazzo, dopo ben 5 anni, fa comunque ancora discutere.
La città è come un museo di arte moderna a cielo aperto, ogni quartiere e ogni sottopasso ha una firma o un graffito. E’ incredibile.




Dopo aver fatto quasi indigestione di graffiti, che comunque continuo ad ammirare e mi stupisco ogni volta che ne vedo uno, ci si ferma  ad una piccola azienda di torrefazione del caffè, il caffè della fonda, un caffè davvero squisito.


Il profumo dei chicchi di caffè tostati è ineguagliabile, ti fa pensare a quell’unico momento piacevole della sveglia al mattino, ai momenti con gli amici dove è immancabile la tazza di caffè dopo un lauto pasto o prima di una lunga notte di balli e baldorie, alla casa in cui quel profumo inebriante che si diffonde in tutte le stanze fa sentire ancora più “casa”.
Mi piace il caffè, non c’è dubbio, rigorosamente nero e senza zucchero! Direi quindi che sono nel paese giusto…



Rigenerati dopo un buon caffè (volendo, per chi non ama il caffè, ci sono altre bevande) assaporato nel bar/rivendita dell’azienda, abbiamo inforcato ancora le biciclette e  proseguito, tra i quartieri del centro  tutti più o meno decorosi, siamo passati anche in mezzo al quartiere a luci rosse, e poi ritornati verso la Candelaria. Prima di tornare al punto di partenza ci siamo fermati a giocare a “Tejo”.
Il tejo è un gioco colombiano molto popolare: i nostri nonni giocano al C.r.a.l con le bocce qui giocano a Tejo. È un gioco di origine indigena ed è diffusissimo, ci sono campi in qualunque città e in qualunque quartiere, proprio perché fa parte della tradizione precolombiana.  Ci sono anche i tornei del campionato professionisti.
Entriamo in quello che sembra un piccolo negozietto, ma superata la porta alle spalle del gestore si apre un capannone con pavimento in terra battuta, pareti blu e sedie gialle. Il capannone è suddiviso in diversi campi rettangolari. Alle due estremità di ogni campo c’è una sorta di bersaglio formato da una tavola inclinata piena di argilla in cui al centro vengono disposti in cerchio dei rettangolini bianchi.  Il gioco consiste nel lanciare un disco pesantissimo in ferro, il tejo, verso questa tavola, cercando di colpire il centro delimitato dai rettangoli. Però se uno dei rettangoli viene colpito ... questi esplodono perché contengono una piccola quantità di polvere da sparo.
Comunemente il punteggio è così assegnato:
Mano: si concede 1 punto al tejo più vicino alla fine di ogni turno;
Mecha: si concedono 3 punti per ogni mecha (triangolo bianco con polvere da sparo) esplosa;
Embocinada: si concedono 6 punti a quel giocatore il cui tejo ha avuto un impatto all'interno del bersaglio;
Moñona: garantisce 9 punti a quel giocatore che ha centrato il tubo e ha fatto esplodere la mecha con lo stesso tiro
Guardando l’assegnazione del punteggio, io in pratica ho fatto zero punti su mille tentativi; d'altronde non ero brava nemmeno a bocce quando giocavo in spiaggia con gli amici di ombrellone.
Il rumore è assordante e l’odore della polvere da sparo è pungente. Ma è un gioco da provare, l’affitto del campo poi costa appena una cassa di birra.



Tornati indietro eravamo stanchi ma contenti per aver visto cose e posti che forse da soli non avremmo mai visitato.
Il tour dura circa tre ore e mezzo c’è qualche salita ma breve, se ce l’ho fatta io  senza scendere dalla bici è possibile per tutti. Comunque  non c’è da preoccuparsi c’è sempre qualcuno che ti aspetta. 
Questi ragazzi la mancia se la sono proprio guadagnata, bravissimi.

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